Minori dimenticati dal Sistema

Con l’articolo 155 sexies c.c., introdotto dalla Legge 54/2006, si è definito l’istituto della mediazione familiare ma non si è introdotto la figura professionale, i requisiti del mediatore, creando, dunque, un vero e proprio vuoto legislativo. A provarci a colmare il vuoto ha tentato la 16° legislatura con una proposta di legge mai approvata. Sono poche le Nazioni che non possono vantare un intervento normativo che abbia compitamente disciplinato la figura ed i requisiti del mediatore familiare. La famiglia è la struttura principale di interesse sociale. L’instabilità della famiglia risulta tematica sociale prevalente, fortemente pregiudizievole nella collettività per i membri che soffrono della forte litigiosità che patiscono nel nucleo.

Il Consiglio d’Europa già con raccomandazione del 21.0.1.1998, frutto di esame dell’uso di tecniche di mediazione familiare negli Stati membri, ha evidenziato la riduzione dei conflitti nei rapporti personali tra genitori e figli con corretta riduzione dei costi e dei tempi giudiziari dei procedimenti di separazione. Il Consiglio nella predetta disposizione raccomanda gli Stati membri all’introduzione e la promozione della mediazione familiare in quanto “ strumento appropriato per la soluzione delle dispute familiari”. Gli Stati membri sono stati chiamati ad organizzare i servizi di mediazione familiare, attraverso il settore pubblico e quello privato, a vigilare sulla qualità del servizio attraverso procedure di selezione e di formazione dei mediatori, fermi i poteri delle autorità giudiziarie di decidere sul contenuto degli accordi e di adottare provvedimenti di urgenza atti ad impedire pregiudizi ai coniugi, ai figli e al bene del nucleo familiare. In Italia la disposizione del 1998 che raccomanda il Consiglio d’Europa, ancora, non è stata recepita e fatta propria, resta un vuoto legislativo.

In gran parte d’Europa il Mediatore familiare è soggetto qualificato laureato in Scienze Giuridiche o Sociali e riceve una specifica preparazione post-laurea a cui viene affidato il compito di “negoziare” le dispute tra i coniugi, alla separazione o divorzio, soprattutto sulla condivisione e responsabilità genitoriale. Figli contesi, poco amati o troppo amati, uniti dalla incapacità degli adulti di gestirli, di proteggerli; dimenticati dal nostro sistema che non provvede a legiferare adeguatamente il diritto di famiglia. Un sistema che, per l’enorme mola di carichi,  ha reso i reati per le violazioni commesse da uno dei genitori, che si ripercuotono sul minore, come le inottemperanze dei provvedimenti emessi, sempre meno punitive, con conseguente conflittualità crescente tra gli ex coniugi che dimenticano di essere genitori.

Un sistema che ci “dona”, prima di fine legislatura, una novella come quella dell’art. 38  disp. Att. cc che possiamo tranquillamente definire “salva-poltrone”, generando altro disagio, permanenza di duplice competenza e totale mancanza di specifica preparazione in materia. La Legge 219/2012, ci assegna una novella in cui si dividono le competenze tra Tribunale Ordinario e Tribunale per i Minori ma non si creano le Sezioni Specializzate che permettono di trattare la famiglia ed i minori con le adeguate preparazioni del caso. Alla soppressione dei Tribunali per i Minori e alla creazione delle Sezioni Specializzate presso i Tribunali Ordinari, si è preferito, semplicemente, dividere le competenze. In definitiva da domani davanti ad un Tribunale Ordinario il Magistrato che ha trattato  materia di lavoro potrebbe ritrovarsi a trattare anche  famiglia e minori. Le somme dovute ad un lavoratore sono cosa ben diversa dalla tematica di un nucleo familiare e di un minore. Non di certo la novella di fine legislatura è quella suggerita dalle maggiori Associazioni Forense in materia e dall’OUA, i quali  hanno, più volte, ribadito la necessità delle Sezioni Specializzate e di una Unica competenza davanti al T.O., con relativa soppressione dei T.M., in conformità ai Paesi Europei.  Il primo comma del nuovo art. 38 disp.att. c.c. sottrae al Tribunale per i Minorenni la competenza per i seguenti provvedimenti:

  • amministrazione del fondo in presenza di figli minori in caso di annullamento o scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio (ex art. 171 c.c);
  • divisione dei beni della comunione con eventuale costituzione di usufrutto a favore di uno dei coniugi, negli interessi della prole (ex art. 194, secondo coma, c.c.);
  • riconoscimento dei figli naturali (ex art.250 c.c.);
  • affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia legittima (ex art. 252 c.c.);
  • provvedimenti in ordine all’assunzione del cognome da parte del figlio naturale (ex art. 262 c.c.);
  • decisioni in ordine all’impugnazione del provvedimento di riconoscimento da parte del riconosciuto (ex art. 264 c.c.);
  • dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale rispetto ad un figlio minore (ex art. 269, primo comma)
  • provvedimenti in caso di contrasti sull’esercizio della potestà dei genitori (ex art. 316 c.c.);
  • decisioni in ordine all’esercizio della potestà sul figlio naturale (ex art. 317-bis c.c.).

La disposizione conferma la competenza del Tribunale per i Minorenni per i provvedimenti in caso di condotta del genitore pregiudizievole ai figli (ex art. 333 c.c.), purché non sia in corso tra le parti un giudizio di separazione o divorzio o relativo all’esercizio della potestà genitoriale ex art. 316 c.c.. In tali casi, infatti «per tutta la durata del processo la competenza […] spetta al giudice ordinario».

Il secondo comma del nuovo art. 38 attribuisce ogni restante provvedimento relativo a minori alla competenza del Tribunale Ordinario specificando che nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano le disposizioni sui procedimenti in camera di consiglio (ex art. 737 c.p.c.), in quanto compatibili.

Il terzo comma afferma:

  • che i provvedimenti da parte dei Tribunali (Ordinario o per i Minorenni) dovranno essere presi in camera di consiglio, sentito il PM;
  • che i provvedimenti sono immediatamente esecutivi, a meno che il tribunale non disponga diversamente
  • se il provvedimento è emesso dal Tribunale per i Minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di Corte d’Appello per i Minorenni.

In un contesto di suddivisione così netta, senza specializzazione nei T.O., con un residuale di competenza che permane ai Tribunali per i Minori che non ha nessuna  motivazione logica, opportuna, favorevole a snellire le procedure, propizia a diminuire la lungaggine processuale, a diminuire i costi di giustizia, resta da chiedersi quale sia stata la necessità urgente, a fine legislatura, di concedere una semi-riforma così “pasticciata”, non risolutiva ed aggravante per i minori e i loro nuclei. Al momento non ci resta che aspettare il prossimo Governo sperando in una riforma seria che questa volta si ricordi della assoluta priorità dei minori, troppo volte soggetti alla conflittualità di genitori, dimenticati dal nostro stesso sistema, subordinati ai diritti prioritari di poltrone ben note.

Avvocato Graziella Algieri