In via preliminare, dobbiamo asserire che il minore ha il diritto di crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine, principio base sancito dall’art. 1 L. adozione (L. n° 184/1983). Il termine “crescere” è stato introdotto nel 2001 e si è trattato di un’aggiunta significativa: il bambino per “crescere” e divenire adulto necessita di apporti di vario genere da parte dei genitori, non solo in termini educativi ma anche in termini di cura e accudimento materiale e relazionale-affettivo.
Tale diritto del bambino, consacrato nell’art. 1, trova addentellato puntuale negli artt. 3 e 30 cost. , ed è, dunque, un diritto costituzionalmente garantito.
I successivi commi del summenzionato art. 1 aggiungono che lo stato di indigenza dei genitori non può ostacolare il suddetto diritto; pertanto le istituzioni devono approntare gli interventi necessari per i nuclei a rischio, in modo da prevenire l’abbandono e consentire al bambino di rimanere nella propria famiglia.
Ne deriva, rebus sic stantibus, che “il ricorso allo stato di adottabilità debba ritenersi una soluzione estrema, da adottare solo quando ogni rimedio appaia ormai inutile”. ( Cfr. Cass., Sez. I Civ., Sent. 8/02/2013, n° 3062). In ogni caso, “devono ritenersi irrilevanti le mere manifestazioni di buona volontà del genitore, ove le buone intenzioni siano prive di ogni concreta prospettiva e inidonee al superamento dello stato di abbandono” (Cfr. più di recente si veda: Cass. Civ., 24/02/2010, n°4545).
Con la sentenza de qua , la n° 17096/2013, i Giudici di Piazza Cavour hanno statuito che “ Quando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di calore affettivo, di cure materiali ed aiuto psicologico, indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e tutto ciò non sia dovuto a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione, se adeguatamente motivata, ricorre lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità”. Ciò è permesso soltanto nei casi in cui si riscontra che la vita offerta al minore da parte dei genitori naturali sia talmente inadeguata da far considerare la rescissione del legame familiare come il solo strumento idoneo per evitare al minore un più grave pregiudizio, assicurandogli quella assistenza e stabilità affettiva che non ha avuto dalla famiglia naturale.
La vicenda che ci riguarda ha inizio nel 2011 quando il Tribunale per i Minorenni di Cagliari con la sent. N°68 dichiarava lo stato di adottabilità del minore di anni undici.
A distanza di un anno, la Corte di appello di Cagliari respingeva l’appello proposto dai genitori del bimbo, compensando integralmente fra le parti le spese del giudizio.
Avverso questa sentenza gli stessi hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo: denunziano “Violazione e falsa applicazione degli artt.1 e 8 della legge n°184/1983 e degli artt. 29 e 30 Cost., omessa c/o insufficiente motivazione anche per erroneità di presupposti in fatto”.
Il ricorso in relazione ai vari articolati profili non merita favorevole apprezzamento, risolvendosi in infondate o inammissibili censure, anche implicanti rilievi critici generici e privi di decisivi riscontri o smentiti dal contenuto dell’impugnata sentenza, da cui anche emerge puntualmente accertata oltre alla incapacità genitoriale dei ricorrenti, la mancanza di nuclei parentali idonei a sostenere la coppia genitoriale o a vicariarla, sicché non risulta nemmeno trascurata l’indagine sulla reperibilità di familiari atti a svolgere tali funzioni, pure a fronte della riscontrato periodo di convivenza, della medesima coppia con i familiari dell’uomo. D’altra parte nel ricorso non è stata nemmeno allegata l’esistenza di rapporti significativi del minore con i nonni e la zia paterna, tipologia di rapporto il cui mantenimento condiziona l’assunzione di dette funzioni, ai sensi dell’art. 12 della legge n. 184 del 1983. Quanto poi alle condizioni di indigenza dei genitori del minore, risulta che sono state adottate fattive e durevoli iniziative per farvi fronte, tramite i servizi sociali, e che non sono state giustamente (Cfr. art. 1 comma 2 legge n° 184 del 1983) valutate come di ostacolo all’esercizio del diritto del minore stesso alla propria famiglia.
Per gli Ermellini la circostanza concreta che hanno esaminato, che non era la conseguenza di una transitoria causa di forza maggiore, rispecchiava perfettamente una grave situazione familiare manifestando pienamente lo stato di abbandono, che ai sensi dell’art. 8, L. 184/1983 è presupposto necessario per la dichiarazione di adottabilità del minore.
La Cassazione si è espressa più volte sull’argomento. Di recente aveva affermato l’adottabilità del minore per immaturità della madre (Cfr. Sentenza n° 18132/2013) o se, come nel caso di specie, la famiglia ne compromette lo sviluppo e l’equilibrio psico-fisico (cfr. Sentenza n° 18563/2012).
Maria Giovanna Bloise