Di NICOLA CIOFFI, avvocato
Si può tranquillamente affermare che, ormai, non v’è famiglia italiana che non sia venuta in contatto con quella che venne definita, nel 1987, “Azienda Giustizia”. E così tutti gli italiani hanno constatato come essa funzioni. Anzi, come ha sempre funzionato. E, per essere ancora più precisi, come ha sempre funzionato e funziona “il Sistema”.
Nell’era della globalizzazione, poi, il Sistema “si autotutela” sempre di più e, devo dire, con una raffinatezza sempre più adeguata.
Il C.S.M. (Consiglio Superiore della Magistratura) è l’organo di autogoverno dei magistrati, (pensato e voluto per garantirne l’indipendenza), composto in prevalenza da magistrati (sempre per la loro indipendenza).
Anche il C.S.M. fa parte della Questione Giustizia per la cui risoluzione, non c’è tempo da perdere.
Mellini, lo ricordiamo – già componente del C.S.M. – nel corso di questi anni, ha affrontato, in modo approfondito, anche questo tema.
Inizialmente il C.S.M era alquanto “aperto” ai cittadini ed alle istituzioni.
Poi, prendendo sempre più coscienza del proprio ruolo e cioè dell’immenso potere detenuto, si è man mano sempre più “blindato”.
Nulla pubblica su i risultati delle istruttorie che avvia, quando le avvia; e dei provvedimenti disciplinari assunti sulle richieste e denunce del Ministro della Giustizia o del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione o dei cittadini .
Invece è diritto dei cittadini di sapere, di conoscere il modo di operare dei magistrati, delle loro qualità morali, delle loro attitudini a svolgere il delicatissimo ruolo per il quale hanno potere, prestigio, soldi e irresponsabilità; guarentigie a nessun altro attribuite.
Andiamo avanti. Non ci fermiamo.