Il neonato, considerato soggetto giuridicamente capace, può chiedere il risarcimento del danno per essere venuto alla luce malformato. A stabilirlo la III Sez. Civile della Corte di Cassazione che con la sentenza n. 16754/2012 la quale sancisce a chiare lettere la colpa del medico, nel caso di specie, aveva prescritto alla paziente solamente l’esame denominato Trietest, difficilmente fatto in tali casi, ma non l’esame denominato amiocentesi, molto più diffuso tra le prescrizioni cliniche, in quanto in grado di prevedere in tempo utile se il feto fosse affetto dalla sindrome di Down. L’accoglimento del ricorso della parte ricorrente fonda le sue radici sul fatto che la partoriente, all’epoca, aveva espressamente richiesto un accertamento medico-diagnostico per esser resa partecipe delle eventuali malformazioni genetiche del feto, così da poter interrompere la gravidanza. Onere del medico, difatti, così come si legge nella motivazione della decisione, era senza dubbio quello di provvedere ad una completa informazione circa le possibilità d’indagini diagnostiche, più o meno invasive o rischiose, e circa le percentuali di falsa negatività offerte dal test prescelto, onde consentire alla gestante una decisione il più aderente possibile alla realtà della sua gestazione. Pertanto, la sua responsabilità è ben evidente non soltanto per la circostanza dell’omessa diagnosi in sé considerata, ma per la violazione del diritto di autodeterminazione della donna nella prospettiva dell’insorgere, sul piano della causalità ipotetica, di una malattia fisica o psichica. Grave, quindi, e pertanto risarcibile, nella specie, l’inadempimento alla richiesta di diagnosi sì come funzionale all’interruzione di gravidanza in caso di positivo accertamento di malformazioni fetali, alla luce dell’ulteriore considerazione costituita dalla circostanza dell’altissimo margine di errore che il test selezionato dal ginecologo offriva nella specie, onde il suo carattere, più che di vero e proprio esame diagnostico, di screening del tutto generico quanto alle probabilità di malformazione fetale. In tema di responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata, sottolineano i togati, l’inadempimento del medico rileva in quanto impedisce alla donna di compiere la scelta di interrompere la gravidanza. Infatti, la legge, in presenza di determinati presupposti, consente alla donna di evitare il pregiudizio che da quella condizione del figlio deriverebbe al proprio stato di salute e rende corrispondente a regolarità causale che la gestante interrompa la gravidanza se informata di gravi malformazioni del feto. In definitiva, quando gli errori commessi da un medico e dal laboratorio in esecuzione del contratto concluso con una donna incinta impedirono a quest’ultima di esercitare la propria scelta d’interruzione della gravidanza, al fine di evitare la nascita di un bambino handicappato, questi può domandare il risarcimento del danno consistente nel proprio hanticap, causato dai predetti errori.
Avv Maria Anna Filosa