Una, nessuna e centomila Eguaglianza, ma quale?

L’articolo 3 della Costituzione italiana recita: «[primo comma] Tutti i cittadini hanno pari dignita’ sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
[secondo comma] E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta’ e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». ( [1] )

E’ uno dei punti più alti della nostra Carta (se mai è possibile fare una gerarchia di altezze, in quella grandiosa costruzione che è la Costituzione italiana, e massime nella sua prima parte), che sancisce da un lato (nel primo comma) il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini, senza distinzioni di alcun tipo; dall’altro (nel secondo comma) l’obbligo per lo Stato di attivarsi affinché quel principio trovi effettiva realizzazione.

L’ultimo numero della rivista ”Micromega” (presentato come Almanacco di economia, con il titolo ”Il ritorno dell’eguaglianza” – 253 pagg., 15 euro) è dedicato proprio a questo tema: dopo  un’interessante introduzione – una sguardo a tutto orizzonte – di Emilio Carnevali (uno dei brillanti redattori della rivista), intitolata ”La stella polare dell’eguaglianza” (titolo di evidente derivazione bobbiana, come vedremo subito), seguono molti articoli, firmati da autori prestigiosi di varia estrazione (molto spesso di tipo accademico), che forniscono dati e punti di vista, di natura sia economica che sociologica e filosofica, sul concetto e sulle condizioni odierne dell’eguaglianza e di quello ad essa speculare, la ”dis-eguaglianza”.

Prima di azzardare commenti ad alcuni degli articoli più strettamente ”concettuali” che l’Almanacco di Micromega propone sul tema prescelto – cosa che proveremo a fare successivamente – riteniamo utile proporre, ricorrendo a studiosi di grandissima statura, qualche richiamo introduttivo agli aspetti anche teorici del concetto di ”uguaglianza”, che si sviluppa su piani multipli ed è molto più articolato e complesso di quanto l’immediatezza del senso comune lo faccia generalmente percepire: non basta la parola, come si vedrà.

Quando si discute di eguaglianza non si può prescindere – è quasi un riflesso condizionato – da quel ”libretto” (nelle dimensioni) veramente ”aureo” (nel contenuto), di Norberto Bobbio intitolato ”Destra e sinistra” (del 1994, poi ripubblicato infinite volte dall’editore Donzelli – sì che chi ne possiede l’edizione originale può andarne giustamente orgoglioso). Dopo un’accurata riflessione – condotta con il metodo dialettico che, da grande docente, gli era consueto – su ciò che costituisce l’elemento principale di differenziazione fra Destra e Sinistra, il grande filosofo arrivò alla conclusione che «la distinzione fra la destra e la sinistra, per la quale l’ideale dell’uguaglianza è sempre stata la stella polare cui ha guardato e continua a guardare, è nettissima», aggiungendo a maggior chiarezza che «se vi è un elemento caratterizzante delle dottrine e dei movimenti che si sono chiamati e sono stati riconosciuti universalmente come sinistra, questo è l’egualitarismo, inteso non come l’utopia di una società in cui tutti gli individui siano eguali in tutto, ma come tendenza a rendere più eguali i diseguali», specificando che «mai come nella nostra epoca sono state messe in discussione le tre fonti principali di diseguaglianza, la classe, la razza e il sesso»; e prefigurando addirittura, nelle righe finali del testo, «una possibile estensione del principio di eguaglianza al di là addirittura dei confini del genere umano, un’estensione fondata sulla consapevolezza che gli animali sono uguali a noi uomini per lo meno nella capacità di soffrire» (corsivi non nel testo). L’eguaglianza come principio universale, per Bobbio. Basta, dunque, fare la ”scelta di campo” – essere a favore o contro l’eguaglianza – per sentirsi definitivamente schierati da una parte o dall’altra? No, non basta: non solo perché le distinzioni ”manichee” (tutto il male solo da una parte, tutto il bene solo dall’altra) non sono mai consigliabili, ma perché andando più in profondità si potrebbero avere sorprese inaspettate e perfino sgradevoli, dovendo ad esempio pronunciarsi su scelte che hanno come conseguenza quella di favorire alcuni e penalizzare altri, pur trattandosi di scelte fatte in nome del principio dell’eguaglianza ”senza aggettivi”.

Lo stesso Norberto Bobbio, in un altro stupendo ”libretto” di poco successivo a quello dianzi citato (Einaudi, prima edizione nel 1995), intitolato ”Eguaglianza e libertà” e diviso in due parti, la prima dedicata al concetto di ”Eguaglianza” e la seconda a quello di ”Libertà”, ( [2] ) precisa subito che «per determinare il significato specifico di un rapporto di eguaglianza, occorre rispondere almeno a due domande: ‘eguaglianza tra chi?’, ed ‘eguaglianza in che cosa?’»; ed aggiunge che non si può parlare di ”egualitarismo”  «sino a che non si precisi di quale uguaglianza si tratti, e in quale misura debba venire applicata». Non basta, perciò, parlare genericamente di eguaglianza, senza ulteriori specificazioni.

Allo stesso modo, uno dei più grandi politologi viventi, Giovanni Sartori, in un testo di rara profondità e chiarezza, intitolato ”Democrazia. Cosa è” (Rizzoli, prima edizione del 1993, edizione aggiornata del 2007, 381 pagg.) ( [3] ), all’inizio del Capitolo interamente dedicato a questo specifico tema (”Eguaglianza”, pagg. 178-195; ma poi esso ricompare ancora nel libro, qua e là), dichiara senza reticenze: «Eguaglianza o eguaglianze? Al singolare l’eguaglianza è una idea-protesta. Il mondo così come va è diseguale, e si struttura ”naturalmente” in diseguaglianze. L’eguaglianza come idea-protesta combatte questo andamento inerziale (…). L’eguaglianza al singolare è anche, peraltro, ricerca della ”vera Eguaglianza”. E qui mi tiro indietro: non so proprio cosa sia [sic!!] (…). Forse la spiegazione è questa: che l’eguaglianza è un concetto a due teste».

Ed anche Sartori, come dal canto suo, in buona parte, ha fatto anche Bobbio, declina sia le varie forme che l’eguaglianza può assumere (giuridico-politica, quella di leggi e diritti; sociale, quella delle condizioni; di opportunità, che riguarda le possibilità di accesso alle varie posizioni e le condizioni di partenza; economica, che riguarda la distribuzione del reddito e della ricchezza), nonché i criteri ( [4] ) in base ai quali l’eguaglianza può essere attribuita (eguaglianza ”aritmetica”, cioè lo stesso a tutti, criterio assai semplice sul piano concettuale; ed eguaglianza ”proporzionale”, che può tradursi con ‘lo stesso agli stessi‘ oppure, forse più chiaramente, con ‘cose uguali agli eguali, e cose disuguali ai diseguali‘ – come avviene, ad esempio, nel prelievo fiscale, che non è uguale per tutti. E qui la questione si fa complicata, dice Sartori, perché si tratta di dover decidere quale tipo di criterio di proporzionalità assumere, ed a chi applicarlo: il risultato è che «per rendere eguali occorrono trattamenti diseguali, e cioè leggi e discriminazioni compensanti»: si pensi, un caso per tutti, ai trattamenti preferenziali per categorie particolari. Insomma, spesso succede che certe misure finiscono con l’essere «un modo per attizzare la conflittualità», perché «per sanare una diseguaglianza ne creiamo altre, e così senza fine in un crescendo perverso»).

Volendo concludere questa breve e sommaria introduzione a questo tema così vasto: l’individuazione dei diritti generali di uguaglianza – quelli menzionati nel primo comma dell’art. 3 della nostra Costituzione – è abbastanza semplice, anche se spesso ha richiesto secoli di dure lotte per essere riconosciuta ed applicata (ed a tutt’oggi ci sono non poche realtà e situazioni in cui non vi si è ancora pervenuti, o non ancora compiutamente); ma irta di difficoltà, sul piano concettuale come su quello realizzativo, è la strada per l’Eguaglianza, nella sua accezione più estesa (perciò espressa al singolare). Conviene ricordarsene, perché troppo spesso si proclama di voler realizzare l’Eguaglianza, senza rendersi ben conto del senso di una tale ciclopica affermazione: ancora una volta, è più prudente, e perciò più realistico, e quindi più credibile, proporsi la riduzione graduale delle disuguaglianze (al plurale), a cominciare da quelle più macroscopiche.

Ma, a ben pensarci, è facile rendersi conto che in questo modo si persegue in realtà un ideale di giustizia: e questo apre un altro e non meno complicato campo di riflessione, poiché la giustizia è un concetto dinamico, storicamente variabile ( [5] ).

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] ) E’ stato osservato da vari studiosi che «Le parole ”cittadino”, ”persona”, ”lavoratore” rinviano alle tre culture – liberale, cattolica e socialista  – tra le quali la Costituzione italiana è un compromesso………..Sono però diversi, molto diversi, i modi in cui le varianti storiche si proponevano di raggiungerlo, e ancora se lo propongono» (qui Michele Salvati).

[2] ) In realtà, come ricorda lo stesso Autore alla fine della sua Prefazione, egli ha ripreso interamente, in quel suo volume, le due voci che aveva scritto per l’Enciclopedia del Novecento, che «non hanno soltanto un carattere nozionale e descrittivo……ma si propongono anche d’illustrare il significato morale e politico dei due ideali della Libertà e della Eguaglianza nel tempo presente».

[3] ) Questo eccellente testo costituisce la sintesi divulgativa di un manuale in due volumi, studiato in tutte le Università del mondo, pubblicato in inglese nel 1987, dal titolo ”The Theory of Democracy Revisited” (che Michele Salvati ha definito, con esplicita ammirazione, ”il prodotto delle riflessioni di una vita”, la cui lettura, grazie alle sintesi potenti che contiene, ”consente di risparmiare pagine e pagine di chiarimenti e distinzioni”. Omaggi fra grandi del pensiero).

[4] ) Sartori ricorda, da grande erudito quale è, che il primo ad occuparsi di questo fu nientemeno che Aristotele, nel Libro V della sua Etica Nicomachea.

[5] ) Accenniamo, solo per dare un’utile indicazione bibliografica, ad un testo straordinario sul tema: Amartya Sen, ”L’idea di giustizia” (Oscar Mondadori 2011, 457 pagg., 11 euro), una ”ampia ed acuta ricognizione dei vari approcci all’idea di giustizia”, che ha lo scopo di ”guardare su scala globale alle ingiustizie che possono venire eliminate o ridotte, senza ricadere in gretti localismi o in sterili chiusure mentali”.